La banca non può subordinare la chiusura del conto corrente al ripianamento del debito residuo.

Questa volta le banche perdono: il correntista ha diritto a chiudere il proprio conto corrente in qualsiasi momento lo voglia, anche se in rosso. È infatti illegittima la pratica degli istituti di credito che subordinano la chiusura del conto corrente con saldo negativo al ripianamento del residuo debito e, nel frattempo, caricano il cliente di continui costi, spese, interessi e commissioni. È questa l’importante decisione del giudice di Pace di Roccadaspide (in provincia di Salerno)

Nella sentenza in commento il giudice ha condannato la banca a provvedere alla chiusura del conto corrente del cliente a partire dal quindicesimo giorno successivo alla presentazione della richiesta, con epurazione di tutti i costi, commissioni e spese che, nel frattempo, aveva illegittimamente addebitato al correntista. Difatti – si legge nel provvedimento – è illegittima la prassi di rifiutare la chiusura del conto corrente con saldo negativo condizionando l’estinzione al ripianamento dell’esposizione debitoria. Difatti, la cessazione del rapporto di conto corrente si produce per effetto della semplice dichiarazione del correntista, a prescindere dalla sussistenza o meno di un saldo negativo e dall’eventuale accettazione dell’istituto di credito.

Quindi, se il vostro conto corrente è in rosso e non siete riusciti a ripianare le perdite, la cosa migliore – se non è movimentato da eventuali accrediti – è quello di chiuderlo: quantomeno, in questo modo, non si pagheranno le commissioni e le spese di tenuta del conto. E se la banca rifiuta tale ordine, si potrà ricorrere al giudice.

Lo stesso orientamento interpretativo è stato sposato dall’Arbitro bancario finanziario, collegio di Milano, secondo cui è «deplorevole» la prassi delle banche di non chiudere il conto finché il cliente non esce dal rosso. Non è concesso alla banca vanificare l’esercizio del diritto di recesso del correntista e quindi impedire o ritardare la chiusura del conto, motivando l’opposizione con la necessità che sia preliminarmente saldato il debito del cliente nei suoi confronti.

È la legge, del resto, che concede al correntista la facoltà di recedere dal contratto di conto corrente in qualsiasi momento egli voglia; ed alla chiusura del contratto egli deve essere tenuto indenne da penalità e spese e dalla produzione dei costi legati al mantenimento in esercizio del rapporto.

Va aggiunto che tale orientamento – benché non ancora condiviso da tutta la giurisprudenza – ha trovato conforto anche in alcune decisioni dei giudici di primo grado ed è stato ritenuto illegittimo il comportamento dell’istituto di credito che non provvede alla chiusura del conto.

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