Ultimi orientamenti e sentenze in materia di prescrizione delle cartelle di pagamento: i termini per le imposte erariali (Iva, Irpef, Ires, Irap, bollo, ipotecaria, catastale, ecc.), per le imposte locali (Imu, Tasi, Tari, bollo auto, ecc.) e per le sanzioni amministrative (multe, ecc.)

Quando si parla di prescrizione della cartella esattoriale ci si riferisce al termine oltre il quale la cartella può considerarsi “scaduta” e non è più possibile subire un pignoramento. Tutti i solleciti, i preavvisi di fermo o di ipoteca, gli atti dell’esecuzione forzata ricevuti dopo il compimento della prescrizione sono nulli e possono essere impugnati davanti al giudice; quelli invece consegnati al contribuente anche un solo giorno prima che la prescrizione si compia hanno l’effetto di interrompere tale termine e di farlo decorrere nuovamente da capo.

Una volta prescritta, la cartella perde quindi la sua efficacia di “titolo esecutivo” e non può essere portata all’incasso. In pratica il contribuente non è più tenuto a pagare le somme; ma se, per errore, dovesse versarle ugualmente all’Esattore non potrebbe più chiedere la restituzione degli importi.

Se anche la cartella prescritta non è dovuta, non sempre è facile cancellarla dagli elenchi presenti nei computer dell’Agente della Riscossione. Come vedremo a breve, infatti, la procedura richiede spesso l’intervento del giudice. Questo però non incide sul fatto che la prescrizione della cartella esattoriale è un evento che si forma automaticamente, per il semplice decorso del tempo, senza bisogno di alcuna formalizzazione da parte di un tribunale.

Qui di seguito spiegheremo come funziona la prescrizione delle cartelle esattoriali e quali sono i termini che bisogna attendere per liberarsi dai debiti nei confronti dell’Agenzia Entrate Riscossione (per quanto riguarda i tributi statali) o dell’Agente della riscossione locale (per quanto riguarda i tributi degli enti locali).

Indice

Quando si prescrive una cartella di pagamento?

La questione sulla prescrizione delle cartelle esattoriali ha avuto una definitiva regolamentazione con la sentenza della Cassazione a Sezioni Unite del novembre 2016 [1]. La Corte ha detto che non esiste un unico termine di prescrizione per le cartelle. Non è corretto né dire che tutte le cartelle si prescrivono in 10 anni, né che si prescrivono in 5. Al contrario, il termine di prescrizione dipende dal tipo di tributo o sanzione richiesto al contribuente con la cartella stessa: per ciascuno di questi infatti è previsto un termine diverso.

Dunque, per stabilire quando si prescrive una cartella esattoriale è necessario leggere il dettaglio degli importi indicati all’interno della cartella stessa (di solito su un apposito foglio) e risalire a quali imposte o sanzioni essi si riferiscono. Così, ad esempio, per le imposte erariali il termine di prescrizione è sempre di 10 anni; invece per quelle locali il termine è di 5.

Laddove la cartella contiene la richiesta di pagamento importi tra loro eterogenei (ad esempio bollo auto e Imu), ciascuno di questi seguirà il proprio termine di prescrizione; con la conseguenza che la cartella sarà prescritta prima per una parte e dopo per l’altra.

Salvo quanto a breve diremo in relazione a ciascun singolo tributo, i termini di prescrizione delle cartelle di pagamento sono i seguenti:

  • Irpef: 10 anni
  • Iva: 10 anni
  • Ires: 10 anni
  • Irap: 10 anni
  • Imposta di bollo: 10 anni
  • Imposta di registro: 10 anni
  • Imposta catastale: 10 anni
  • Imposta sugli apparecchi audiovisivi (cosiddetto Canone Rai): 10 anni
  • Contributi Camere di Commercio: 10 anni
  • Tosap: 10 anni
  • Imu: 5 anni
  • Tasi: 5 anni
  • Tari: 5 anni
  • Contributi Inps: 5 anni
  • Contributi Inail: 5 anni
  • Contravvenzioni stradali (cosiddette multe stradali): 5 anni
  • Sanzioni amministrative: 5 anni
  • Bollo auto: 3 anni
  • Sentenze di condanna del giudice per impugnazioni (rigettate) contro cartelle di pagamento: 10 anni.

Nel caso delle imposte, il termine della prescrizione inizia a decorrere dal 1° gennaio dell’anno successivo a quello in cui il tributo è dovuto.

Con riferimento all’ultimo punto, ossia alla questione della prescrizione delle sentenze di rigetto dei ricorsi, il caso è quello del contribuente che propone opposizione alla cartella ma poi perde la causa; in tale ipotesi, a prescindere dal tipo di tributo a cui si riferiva la cartella, la prescrizione è sempre di 10 anni (in quanto il titolo è divenuto ormai l’atto giudiziale e non la cartella) e decorre dalla pubblicazione della sentenza.

Prescrizione cartella Irpef

Sulla prescrizione delle cartelle relative a debiti per Irpef si è detto molto. Secondo alcuni giudici di primo e secondo grado [2], non ancora supportati dalla Cassazione, la prescrizione dell’Irpef sarebbe di 5 anni. Ciò viene motivato sulla base di una norma del codice civile [3] in base alla quale tutti i debiti da pagarsi almeno una volta all’anno – o per frazioni ancora più brevi – si prescrivono in un quinquennio.

In verità, se anche è vero che l’Irpef si paga tutti gli anni, il presupposto di imposta (ossia il reddito) non è mai lo stesso ma cambia sempre: è infatti il reddito annualmente denunciato dal contribuente. Senza contare che si potrebbero verificare situazioni in cui non si abbia nulla da dichiarare per non aver lavorato.

Stessa argomentazione è stata sostenuta per l’Iva.

Interruzione della prescrizione 

I termini appena elencati possono essere interrotti da una diffida, una intimazione di pagamento, una notifica di un’ulteriore cartella per gli stessi importi, un preavviso di fermo o di ipoteca in cui venda dettagliato il credito fatto valere, un atto di pignoramento.

Dal giorno successivo in cui il contribuente riceve il nuovo atto, il termine di prescrizione inizia a decorrere nuovamente da capo per un ulteriore periodo pari a quello precedente. Ad esempio, per una multa stradale che si sarebbe prescritta il 31 dicembre 2019, un sollecito notificato il 1° gennaio 2019 sposta il termine al 31 dicembre 2023 ossia dopo altri cinque anni.

Istanza di rateazione

L’istanza di rateazione del debito interrompe la prescrizione se questa non si è ancora compiuta; con il risultato che il contribuente non potrà più far valere la prescrizione delle cartelle a meno che non smetta di pagare e, dalla scadenza dell’ultima rata non pagata, decorra di nuovo l’intero termine di prescrizione.

Invece se la prescrizione si è già compiuta prima del deposito della domanda di rateazione, detta istanza non pregiudica la possibilità di fare ricorso nonostante la richiesta di pagamento a rate (che potrebbe essere stata presentata solo per evitare il rischio di un pignoramento). Dunque il contribuente potrebbe accedere alla rateazione, anche pagare qualche rata e, nel frattempo, far annullare le cartelle mai notificate e tuttavia prescritte.

Quando scade la cartella di pagamento

Diversa dalla questione della prescrizione è la scadenza della cartella. Per legge non ci può essere più di 1 anno tra la notifica della cartella e l’avvio del pignoramento. Per cui, se l’Esattore ha notificato l’ultima cartella da oltre un anno e intende avviare l’esecuzione forzata, deve prima notificare un nuovo sollecito (cosiddetta intimazione di pagamento) e avviare il pignoramento entro massimo 180 giorni da esso. Se ritarda ulteriormente dovrà notificare un’ulteriore intimazione.

Se non viene rispettato questo termine l’esecuzione forzata è illegittima.

Come annullare la cartella prescritta

La prescrizione si compie per il solo fatto che decorrono gli anni indicati dalla legge (che abbiamo indicato sopra). Non c’è quindi bisogno di presentare un’apposita istanza. Al verificarsi della prescrizione, dovrebbe essere lo stesso Agente della riscossione a cancellare d’ufficio i debiti o, quantomeno, a non intimare più il pagamento al contribuente. Di fatto ciò non succede quasi mai. Di tanto abbiamo parlato in Prescrizione a cartelle esattoriali: soluzioni a problemi pratici.

In tali ipotesi, come fare a cancellare la cartella prescritta dall’estratto di ruolo?

In verità, non si può fare ricorso contro la cartella prescritta essendo ormai scaduti i termini per l’impugnazione (termini che, come noto, sono di 60 giorni per le imposte; 40 per i contributi Inps e Inail; 30 per le multe). Dunque, se si dovesse presentare ricorso contro la cartella prescritta il contribuente perderebbe la causa e sarebbe costretto a pagare le spese processuali. Ciò che bisogna fare è allora attendere la successiva mossa dell’Agente della Riscossione (che potrebbe però anche non avvenire mai) e fare ricorso al giudice contro quest’ultima. Ad esempio, si può trattare di un preavviso di fermo, di ipoteca o di un pignoramento su cartelle prescritte. Così, il contribuente dovrebbe impugnare il nuovo atto eccependo che lo stesso si fonda su un credito ormai caduto in prescrizione.

In alternativa – anche se nella pratica poco risolutivo – si può presentare un ricorso in autotutela che non necessita di avvocati o tribunali ed è completamente gratuito. Di solito però le istanze non vengono mai riscontrato. L’istanza in autotutela va presentata sia all’ente titolare del credito che all’Agente della Riscossione.

facsimili di ricorso al giudice e in autotutela li trovi in questo articolo Modello ricorso cartella prescritta.

Ricorso cartella prescritta mai notificata

Potrebbe verificarsi che il contribuente, nel richiedere un estratto di ruolo all’Agenzia Entrate Riscossione, si accorga di debiti per cartelle mai ricevute e che, tuttavia, nel tempo sono caduti in prescrizione. Solo in questo caso – dice la Cassazione – è possibile fare ricorso contro la cartella prescritta (proprio perché mai notificata correttamente) e chiederne l’annullamento. Bisogna ricorrere al giudice competente entro 60 giorni dalla consegna dell’estratto di ruolo.

Si prescrive in 5 anni l’azione esecutiva per il recupero di crediti previdenziali non opposti

La cartella esattoriale non opposta non può assimilarsi a un titolo giudiziale, poiché l’incontestabilità del diritto di credito in essa contenuto non deriva da un provvedimento di natura giurisdizionale e non può, quindi, applicarsi a siffatto credito la prescrizione decennale conseguente ad una sentenza di condanna passata in giudicato. Di conseguenza l’azione esecutiva rivolta al recupero del credito previdenziale non tempestivamente opposto non è soggetta al termine decennale di prescrizione dell’actio iudicati di cui all’art. 2953 c.c., ma al termine proprio della riscossione dei contributi e quindi al termine quinquennale introdotto dalla legge n. 335/1995.

Tribunale Catania sez. lav., 14/12/2018, n.5181

Termine prescrizione crediti recati da cartella esattoriale a seguito di mancata opposizione a verbale infrazione codice della strada

Al termine prescrizionale del credito da sanzione amministrativa portato da una cartella esattoriale in conseguenza della mancata opposizione avverso il verbale di accertamento di una violazione del c.d. codice della strada non si applica la conversione nel termine ordinario decennale ai sensi dell’art. 2953 c.c.

Cassazione civile sez. VI, 07/12/2018, n.31817

Invalida notifica delle cartelle elencate nell’estratto di ruolo e intervenuta prescrizione dei crediti: ciò che si impugna è il contenuto dell’estratto

Il ricorrente che lamenti l’invalida notificazione delle cartelle elencate negli estratti di ruolo o negli avvisi di addebito chiedendone l’annullamento, altresì instando per la dichiarazione di intervenuta prescrizione dei crediti che ne sono oggetto, non impugna il documento “estratto di ruolo” bensì il contenuto del documento stesso, ovvero gli atti che nell’estratto di ruolo sono indicati e riportati.

Tribunale Torino sez. lav., 07/12/2018, n.2221

Riscossione contributi previdenziali: l’opposizione avvero l’avviso di mora per omessa notifica della cartella esattoriale è opposizione all’esecuzione

In materia di riscossione di contributi previdenziali, l’opposizione avverso l’avviso di mora con cui si faccia valere l’omessa notifica della cartella esattoriale, deducendo fatti estintivi relativi alla formazione del titolo (nella specie la prescrizione quinquennale del credito ex art. 3, commi 9 e 10, della l. n. 335 del 1995), ha la funzione di recuperare l’impugnazione non potuta esercitare avverso la cartella, che costituisce presupposto indefettibile dell’avviso, e deve essere pertanto qualificata come opposizione all’esecuzione ex art. 615 c.p.c. e non come opposizione agli atti esecutivi.

Cassazione civile sez. lav., 08/11/2018, n.28583

L’omessa tempestiva impugnazione di cartelle esattoriali non trasforma la prescrizione quinquennale dei relativi crediti contributivi in prescrizione decennale

La scadenza del termine — pacificamente perentorio — per proporre opposizione a cartella di pagamento di cui all’art. 24, comma 5, D.Lgs 46/99, pur determinando la decadenza dalla possibilità di proporre impugnazione, produce soltanto l’effetto sostanziale della irretrattabilità del credito contributivo senza determinare anche l’effetto della c.d. conversione del termine di prescrizione breve in quello ordinario (decennale), ai sensi dell’art. 2953 c.c. Tale ultima disposizione, infatti, si applica soltanto nelle ipotesi in cui intervenga un titolo giudiziale divenuto definitivo, mentre la suddetta cartella, avendo natura di atto amministrativo, è priva dell’attitudine ad acquistare efficacia di giudicato.

Corte appello Milano sez. lav., 05/11/2018, n.1632

Notifica ed impugnabilità della cartella esattoriale

Nel caso in cui le cartelle esattoriali siano state regolarmente notificate, il debitore – che non le abbia impugnate nel termine decadenziale – non può più impugnarle per far valere la prescrizione del credito verificatasi prima della notificazione della cartella. Se, però il debitore affermi che la prescrizione quinquennale si sia perfezionata successivamente alla notifica, allora questi può agire ex art. 615 c.p.c. per contestare il diritto del creditore ad agire in executivis a fronte dell’intervenuta prescrizione del credito portato nel titolo esecutivo (fatto estintivo successivo al formarsi del titolo esecutivo).

Corte appello Milano sez. lav., 05/11/2018, n.1632

Scadenza del termine perentorio per proporre opposizione a cartella di pagamento: effetti

La scadenza del termine pacificamente perentorio per proporre opposizione a cartella di pagamento di cui all’art. 24, comma 5, del d.lgs. 26 febbraio 1999, n. 46, pur determinando la decadenza dalla possibilità di proporre impugnazione, produce soltanto l’effetto sostanziale della irretrattabilità del credito contributivo senza determinare anche l’effetto della c.d. conversione del termine di prescrizione breve in quello ordinario (decennale).

Tribunale Roma sez. lav., 17/10/2018, n.7809

Omissioni contributive: notifica della cartella di pagamento

In materia di omissioni contributive, la notifica della cartella di pagamento ha efficacia interruttiva della prescrizione ove intervenga entro il termine di cinque anni dalla data in cui è sorto il credito contributivo dell’INPS, che coincide con il ventunesimo giorno di ogni mese avuto riguardo alle somme maturate per il mese precedente in quanto, ai sensi dell’art. 1 del d.m. 24 febbraio 1984, emanato ai sensi dell’art. 1 del d.l. n. 463 del 1983, conv. con modif. in l. n. 638 del 1983, il datore di lavoro è tenuto al versamento dei contributi relativi al rapporto di lavoro entro il giorno venti del mese successivo a quello di riferimento.

Cassazione civile sez. lav., 21/08/2018, n.20867

Sulla regolarità della notifica della cartella di pagamento effettuata tempestivamente nei confronti di uno dei condebitori

La tempestiva notifica della cartella di pagamento nei confronti di uno dei condebitori, sebbene inidonea a pregiudicare le posizioni soggettive degli altri obbligati in solido, impedisce che si produca nei confronti degli stessi la decadenza di cui all’art. 25 del d.P.R. n. 602 del 1973, in quanto, in materia tributaria, a differenza di quella civile, trova applicazione, anche in detta ipotesi, l’art. 1310, comma 1, c.c., sebbene dettato in tema di prescrizione, in ragione della specialità della relativa disciplina procedimentale, trattandosi di attività di diritto pubblico regolata da norme proprie

Cassazione civile sez. VI, 01/02/2018, n.2545

Prescrizione in 5 anni del diritto alla riscossione dell’imposta azionato mediante emissione e notifica di una cartella di pagamento non opposto

Il diritto alla riscossione di un’imposta azionato mediante emissione e notifica di cartella di pagamento non opposto è soggetto a prescrizione quinquennale, non essendovi, in tale ipotesi, un accertamento giurisdizionale che conduca all’applicazione del termine decennale dell’”actio iudicati”, di cui all’art. 2953 c.c.

Prescrizione del tributo se l’intimazione arriva oltre i cinque anni

Il tributo si prescrive se l’intimazione arriva oltre i cinque anni dalla notifica della cartella esattoriale.

Cassazione civile sez. trib., 29/11/2017, n.28576

La scadenza del termine per l’opposizione a cartella di pagamento non converte il termine di prescrizione breve in quello ordinario

Il principio di carattere generale, secondo cui la scadenza del termine perentorio sancito per opporsi o impugnare un atto di riscossione mediante ruolo o comunque di riscossione coattiva, produce soltanto l’effetto sostanziale dell’irretrattabilità del credito, ma non anche la c.d. “conversione” del termine di prescrizione breve eventualmente previsto in quello ordinario decennale, ai sensi dell’art. 2953 c.c., si applica con riguardo a tutti gli atti – in ogni modo denominati di riscossione mediante ruolo”, di modo che, ove per i relativi crediti sia prevista una prescrizione più breve di quella ordinaria, la sola scadenza del termine concesso al debitore per proporre l’opposizione, non consente di fare applicazione dell’art. 2953 c.c., tranne che in presenza di un titolo giudiziale divenuto definitivo (fattispecie avente ad oggetto riscossione di tassa automobilistica).

Cassazione civile sez. VI, 25/08/2017, n.20425

La prescrizione di contributi previdenziali per mancata o tardiva opposizione a cartella rimane quinquennale

La prescrizione dei contributi previdenziali, nel caso di mancata o tardiva opposizione a cartella esattoriale, rimane quinquennale· e non si converte in decennale ai sensi dell’art. 2953 c.c.Cassazione civile sez. VI, 04/04/2017, n.8752

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